domenica 8 giugno 2014

25- Il Numero

Il numero

“L'incessante pressione sulla società per scoprire mezzi accurati di quantificazione è in diretto rapporto con le pressioni individualistiche all'interno della società stessa. La stampa intensifico' la tendenza verso l'individualismo e naturalmente una volta che l'egoismo viene introdotto nei rapporti economici, esso dev'essere regolato in modo oggettivo.
Abbiamo già analizzato la nascita della sensibilità euclidea dovuta all'introduzione dell'alfabeto fonetico che ha la capacità di ridurre e tradurre tutti i nostri sensi in uno spazio chiuso. Il matematico è consapevole del carattere arbitrario e funzionale di questo spazio visivo continuo e omogeneo, perchè il numero, nel linguaggio della scienza, è un espediente che traduce la finzione dello spazio euclideo facendolo tornare nella percezione tattile e auditiva.
Il concetto di lunghezza, area, volume, massa, movimento, velocità accelerazione, ecc. Ecc. nascono tutti in un mondo piatto lineare, “razionale” in cui nulla si verifica che non sia piatto, omogeneo, lineare e uniforme. Per non abbandonare questi concetti “razionali” dobbiamo adattarli ad un mondo che non è piatto, lineare, omogeneo. Al fine di preservare questi concetti in uno spazio euclideo i matematici adottarono un'entità miracolosa: l'infinito. Per rimanere coerenti con concetti razionali elementari l'alternativa fu quella di considerare la realtà “curva” dei nostri sensi come l'ultimissimo passo di una sequenza infinita di mondi piatti che esiste solamente nella nostra immaginazione.

Il numero è un insieme di segni che formano un codice audio-tattile senza significato se non viene abbinato ai segni dell'alfabeto fonetico. Il calcolo consente la traduzione o la riduzione di ogni forma di movimento, spazio o energia, in formule uniformi e ripetibili. I Fenici adottarono come numeri le prime lettere dell'alfabeto nella loro successione. Altrettanto fece Omero nel numerare i capitoli dell'Iliade (il primo libro scritto nella storia dell'Occidente). Servendosi delle lettere pero', nè i Greci e nemmeno i Romani riuscirono ad arrivare ad un metodo universale ed appropriato per uniformare il calcolo tanto che i primi matematici venivano trattati come maghi e le loro scuole avvolte nei misteri. Finchè il numero non divenne visivo e spaziale cancellando la sua natura audio-tattile, rimase nel mondo del magico, del sovrannaturale. Sulla base di questi presupposti rimane facile capire la crisi dell'aritmetica greca quando tento' di avventurarsi in proiblemi visivi e spaziali della geometria incappando nella piu' clamorosa delle sue crisi intellettuali: il problema di Achille e la tartaruga.





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