Il numero
“L'incessante
pressione sulla società per scoprire mezzi accurati di
quantificazione è in diretto rapporto con le pressioni
individualistiche all'interno della società stessa. La stampa
intensifico' la tendenza verso l'individualismo e naturalmente una
volta che l'egoismo viene introdotto nei rapporti economici, esso
dev'essere regolato in modo oggettivo.
Abbiamo già
analizzato la nascita della sensibilità euclidea dovuta
all'introduzione dell'alfabeto fonetico che ha la capacità di
ridurre e tradurre tutti i nostri sensi in uno spazio chiuso. Il
matematico è consapevole del carattere arbitrario e funzionale di
questo spazio visivo continuo e omogeneo, perchè il numero, nel
linguaggio della scienza, è un espediente che traduce la finzione
dello spazio euclideo facendolo tornare nella percezione tattile e
auditiva.
Il concetto di
lunghezza, area, volume, massa, movimento, velocità accelerazione,
ecc. Ecc. nascono tutti in un mondo piatto lineare, “razionale”
in cui nulla si verifica che non sia piatto, omogeneo, lineare e
uniforme. Per non abbandonare questi concetti “razionali”
dobbiamo adattarli ad un mondo che non è piatto, lineare, omogeneo.
Al fine di preservare questi concetti in uno spazio euclideo i
matematici adottarono un'entità miracolosa: l'infinito. Per rimanere
coerenti con concetti razionali elementari l'alternativa fu quella di
considerare la realtà “curva” dei nostri sensi come
l'ultimissimo passo di una sequenza infinita di mondi piatti che
esiste solamente nella nostra immaginazione.
Il numero è un
insieme di segni che formano un codice audio-tattile senza
significato se non viene abbinato ai segni dell'alfabeto fonetico. Il
calcolo consente la traduzione o la riduzione di ogni forma di
movimento, spazio o energia, in formule uniformi e ripetibili. I
Fenici adottarono come numeri le prime lettere dell'alfabeto nella
loro successione. Altrettanto fece Omero nel numerare i capitoli
dell'Iliade (il primo libro scritto nella storia dell'Occidente).
Servendosi delle lettere pero', nè i Greci e nemmeno i Romani
riuscirono ad arrivare ad un metodo universale ed appropriato per
uniformare il calcolo tanto che i primi matematici venivano trattati
come maghi e le loro scuole avvolte nei misteri. Finchè il numero
non divenne visivo e spaziale cancellando la sua natura
audio-tattile, rimase nel mondo del magico, del sovrannaturale. Sulla
base di questi presupposti rimane facile capire la crisi
dell'aritmetica greca quando tento' di avventurarsi in proiblemi
visivi e spaziali della geometria incappando nella piu' clamorosa
delle sue crisi intellettuali: il problema di Achille e la tartaruga.
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