mercoledì 11 giugno 2014

29- Ancora sul nazionalismo




Harold Innis: “Gli effetti delle conseguenze della tecnica a stampa sono evidenti nelle feroci guerre che seguirono per tutto il sec.XVI e XVII. L'energia applicata all'industria della comunicazione del sec.XX accelero' il consolidarsi delle lingue nazionali, il nascere del nazionalismo, lo scoppio delle rivoluzioni e una nuova furia di distruzione selvaggia...”
A questo punto sarà inevitabile affrontare il rapporto tra nazionalismo e stampa e l'insieme dei problemi che esso rappresenta.

Con l'analisi che abbiamo fatto fin'ora abbiamo via via esplorato il potere di strutturazione dei mezzi di comunicazione nell'imporre i loro presupposti in maniera subliminale. In pratica cultura e comunicazione sviluppandosi, fanno registrare un'influenza reciproca.
“Ogni miglioramento delle comunicazioni aumenta la difficoltà di comprensione. Il telegrafo provoco' una contrazione nel linguaggio e aumento' le differenze tra la lingua inglese e l'americana.
Nel vasto campo della letteratura anglosassone l'influenza del giornale, del cinema e della radio si è fatta sentire con il best-seller e con la nascita di categorie di lettori che non avevano alcuna possibilità di comunicare tra di loro....”
Quando Innis mette in relazione lo sviluppo della pressa a vapore con il nascere del nazionalismo, egli non espone un punto di vista ma pone sul piano una galassia di opportunità per far scaturire la comprensione. Egli prospetta semplicemente l'immagine dell'avvento della pressa a vapore ma quali effetti essa abbia avuto, sul linguaggio, sulla guerra, sulla nascita di nuove forme letterarie, non lo dice per non usare forme mitiche e non letterarie. Probabilmente stampa e nazionalismo sono elementi gemelli, paralleli perchè per mezzo della stampa un popolo si vede per la prima volta. La lingua parlata, che non deriva solamente dai libri ma anche dai giornali e la stampa quotidiana, lascia intravedere quell'unità sociale coesistente entro i confini linguistici.

Nè si puo' essere certi che siano state le “masse” le responsabili della nascita in qualsiasi paese del nazionalismo moderno, compito invece piu' facilmente attribuibile alle elites di intellettuali con un impulso decisivo delle classi intermedie. La Rivoluzione Francese è piu' il prodotto di bottegai e intellettuali che non del popolo che se ne approprio' per ultimo e per primo ne venne scalzato.
In Inghilterra invece, dove l'ambiente geografico e le circostanze politiche e religiose erano favorevoli, una forte consapevolezza nazionale si formo' ben prima della Rivoluzione, ed è plausibile che questo sentimento sia nato dalle masse, ma non è questo l'argomento trattato da questo libro.Fuori dall'Inghilterra invece,masse dell'Europa, dell'Asia e d'America, pur possedendo embrioni di nazionalismo, pensavano a sè stessi piu' come a province, regioni, città fortificate, piuttosto che ad uno stato nazionale e mai si opposero seriamente ed efficacemente ai cambiamenti di regimi politici da un signorotto all'altro principe. Quando iniziarono ad agire come nazione, ad insegnarglielo erano stati gli intellettuali e i ceti medi dei rispettivi paesi.

“L'uomo tipografico è in grado di esprimere le configurazioni della tecnologia della stampa, ma non è assolutamente in grado di leggerle. Gli storici, anche se consapevoli del fatto che il nazionalismo nacque nel sec.XVI, non sanno spiegare questa passione popolare che precedette la teoria degli intellettuali. E' importante comunque comprendere che non puo' esserci nazionalismo se prima non v'è stata l'esperienza di una comune lingua madre sotto forma di stampa che alimento' il processo di sviluppo della quantificazione e degli effetti visivi della stampa sul nazionalismo del sec.XVI quando emerse il sistema dei moderni stati europei.

Gli stati che costituirono questo sistema erano molto diversi dalle “nazioni” tribali che erano molto piu' ampie e meno rigide, erano costituite da agglomerati di persone che parlavano lingue o dialetti diversi, e avevano tradizioni divergenti, con l'unico comune denominatore rappresentato dalla fedeltà al sovrano. Benchè queste si chiamassero nazioni, esse non lo erano nel senso moderno del termine, erano piuttosto grandi tribu'.

Il nazionalismo nasce dal “punto di vista fisso” che dipende dalla stampa, dalla prospettiva e dalla quantificazione visiva. Ecco puo' essere collettivo o individuale, quando è tutte e due le cose insieme fa nascere grandi contrasti. “Nel 1815 il nazionalismo liberale era un movimento ben definito in Europa.... esso era certamente non aristocratico....professando la democrazia, era l'espressione del ceto medio..... Dal momento che lo stato nazionale non appartiene ai cittadini, esso non puo' venir sovvertito...” Viene delineato il principio di uguaglianza nella sua applicazione tanto ai singoli quanto ai gruppi sociali, e il diritto di ogni nazione a determinare le proprie politiche..

La formulazione delle dottrine nazionalistiche fu un lavoro prettamente intellettuale ma se ne appropriarono le masse con la rivoluzione industriale inglese e l'invenzione di macchine che facevano risparmiare lavoro. Per un secolo e mezzo, lo sviluppo tecnologico e industriale, il migliorato tenore di vita e gli sviluppi intellettuali ed estetici hanno lavorato in favore del nazionalismo. Filosofie come il cristianesimo, il liberalismo e varie teorie filosofiche sono state saccheggiate in favore del nazionalismo, persino le arti, la musica, la letteratura, nonostante il loro messaggio universale, sono diventate sempre piu' l'orgoglio e il prodotto di patrioti nazionali.

Ma non fgurono i filosofi del nazionalismo a renderlo di moda. La “moda” esisteva già quando apparve. Essi si limitarono a dargli espressione, forma, contenuti, ma – e questo è il mistero – le masse popolari sono nazionalisti in nuce, anche quando la realtà sociale in cui vivono si chiama tribu', città fortificata, contea, castello... e tuttavia è il nazionalismo che è emerso nei tempi moderni, con l'efficacia della parola stampata, la visualizzazione di una lingua comune, il modo omogeneo delle organizzazioni nell'operare dal quale derivano l'industria moderna, i mercati, la consapevolezza delle proprie caratteristiche come nazione.

La “nazione in armi” fu un concetto di grande impatto nella propaganda nazionalistica dei giacobini. Un altro fu quello della “nazione della scuola pubblica” che tolse ai genitori la facoltà di decidere se i loro figli dovessero andare a scuola o meno. Libertà fraternità uguaglianza trovarono la loro collocazione naturale nell'uniformità degli eserciti dei cittadini, che erano l'esatta riproduzione non solo della pagina stampata, ma anche della catena di montaggio.

 L'Inghilterra precedette tutti i paesi europei nella consapevolezza popolare di una comune nazione. Molto prima della Rivoluzione Francese, quando i francesi si sentivano ancora bretoni o provenzali, essi erano già inglesi ed erano schierati con autentico patriottismo con il loro Re.
Nel 1557 l'ambasciatore veneziano Micheli scrisse una nota per il suo governo:

“Per quanto riguarda la religione (inglese, off corse N.d'A.) l'esempio e l'autorità del sovrano sono di massima importanza. Gli inglesi applicano la religione sono in quanto così facendo essi compiono il loro dovere di sudditi, l'uniformità religiosa sembra sovrana ma essa cambia col cambiare del sovrano. Era stata scismatica sotto Enrico VIII e protestante sotto Enrico VI, e sotto Maria Tudor divenne cattolica senza particolari summovimenti.... “ per tornare protestante con Elisabetta I...



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