Harold Innis: “Gli effetti delle conseguenze della tecnica a stampa
sono evidenti nelle feroci guerre che seguirono per tutto il sec.XVI
e XVII. L'energia applicata all'industria della comunicazione del
sec.XX accelero' il consolidarsi delle lingue nazionali, il nascere
del nazionalismo, lo scoppio delle rivoluzioni e una nuova furia di
distruzione selvaggia...”
A questo punto sarà inevitabile affrontare il rapporto tra
nazionalismo e stampa e l'insieme dei problemi che esso rappresenta.
Con l'analisi che abbiamo fatto fin'ora abbiamo via via esplorato il
potere di strutturazione dei mezzi di comunicazione nell'imporre i
loro presupposti in maniera subliminale. In pratica cultura e
comunicazione sviluppandosi, fanno registrare un'influenza reciproca.
“Ogni miglioramento delle comunicazioni aumenta la difficoltà di
comprensione. Il telegrafo provoco' una contrazione nel linguaggio e
aumento' le differenze tra la lingua inglese e l'americana.
Nel vasto campo della letteratura anglosassone l'influenza del
giornale, del cinema e della radio si è fatta sentire con il
best-seller e con la nascita di categorie di lettori che non avevano
alcuna possibilità di comunicare tra di loro....”
Quando Innis mette in relazione lo sviluppo della pressa a vapore con
il nascere del nazionalismo, egli non espone un punto di vista ma
pone sul piano una galassia di opportunità per far scaturire la
comprensione. Egli prospetta semplicemente l'immagine dell'avvento
della pressa a vapore ma quali effetti essa abbia avuto, sul
linguaggio, sulla guerra, sulla nascita di nuove forme letterarie,
non lo dice per non usare forme mitiche e non letterarie.
Probabilmente stampa e nazionalismo sono elementi gemelli, paralleli
perchè per mezzo della stampa un popolo si vede per la prima volta.
La lingua parlata, che non deriva solamente dai libri ma anche dai
giornali e la stampa quotidiana, lascia intravedere quell'unità
sociale coesistente entro i confini linguistici.
Nè si puo' essere certi che siano state le “masse” le
responsabili della nascita in qualsiasi paese del nazionalismo
moderno, compito invece piu' facilmente attribuibile alle elites di
intellettuali con un impulso decisivo delle classi intermedie. La
Rivoluzione Francese è piu' il prodotto di bottegai e intellettuali
che non del popolo che se ne approprio' per ultimo e per primo ne
venne scalzato.
In Inghilterra invece, dove l'ambiente geografico e le circostanze
politiche e religiose erano favorevoli, una forte consapevolezza
nazionale si formo' ben prima della Rivoluzione, ed è plausibile che
questo sentimento sia nato dalle masse, ma non è questo l'argomento
trattato da questo libro.Fuori dall'Inghilterra invece,masse
dell'Europa, dell'Asia e d'America, pur possedendo embrioni di
nazionalismo, pensavano a sè stessi piu' come a province, regioni,
città fortificate, piuttosto che ad uno stato nazionale e mai si
opposero seriamente ed efficacemente ai cambiamenti di regimi
politici da un signorotto all'altro principe. Quando iniziarono ad
agire come nazione, ad insegnarglielo erano stati gli intellettuali e
i ceti medi dei rispettivi paesi.
“L'uomo tipografico è in grado di esprimere le configurazioni
della tecnologia della stampa, ma non è assolutamente in grado di
leggerle. Gli storici, anche se consapevoli del fatto che il
nazionalismo nacque nel sec.XVI, non sanno spiegare questa passione
popolare che precedette la teoria degli intellettuali. E' importante
comunque comprendere che non puo' esserci nazionalismo se prima non
v'è stata l'esperienza di una comune lingua madre sotto forma di
stampa che alimento' il processo di sviluppo della quantificazione e
degli effetti visivi della stampa sul nazionalismo del sec.XVI quando
emerse il sistema dei moderni stati europei.
Gli stati che costituirono questo sistema erano molto diversi dalle
“nazioni” tribali che erano molto piu' ampie e meno rigide, erano
costituite da agglomerati di persone che parlavano lingue o dialetti
diversi, e avevano tradizioni divergenti, con l'unico comune
denominatore rappresentato dalla fedeltà al sovrano. Benchè queste
si chiamassero nazioni, esse non lo erano nel senso moderno del
termine, erano piuttosto grandi tribu'.
Il nazionalismo nasce dal “punto di vista fisso” che dipende
dalla stampa, dalla prospettiva e dalla quantificazione visiva. Ecco
puo' essere collettivo o individuale, quando è tutte e due le cose
insieme fa nascere grandi contrasti. “Nel 1815 il nazionalismo
liberale era un movimento ben definito in Europa.... esso era
certamente non aristocratico....professando la democrazia, era
l'espressione del ceto medio..... Dal momento che lo stato nazionale
non appartiene ai cittadini, esso non puo' venir sovvertito...”
Viene delineato il principio di uguaglianza nella sua applicazione
tanto ai singoli quanto ai gruppi sociali, e il diritto di ogni
nazione a determinare le proprie politiche..
La formulazione delle dottrine nazionalistiche fu un lavoro
prettamente intellettuale ma se ne appropriarono le masse con la
rivoluzione industriale inglese e l'invenzione di macchine che
facevano risparmiare lavoro. Per un secolo e mezzo, lo sviluppo
tecnologico e industriale, il migliorato tenore di vita e gli
sviluppi intellettuali ed estetici hanno lavorato in favore del
nazionalismo. Filosofie come il cristianesimo, il liberalismo e varie
teorie filosofiche sono state saccheggiate in favore del
nazionalismo, persino le arti, la musica, la letteratura, nonostante
il loro messaggio universale, sono diventate sempre piu' l'orgoglio e
il prodotto di patrioti nazionali.
Ma non fgurono i filosofi del nazionalismo a renderlo di moda. La
“moda” esisteva già quando apparve. Essi si limitarono a dargli
espressione, forma, contenuti, ma – e questo è il mistero – le
masse popolari sono nazionalisti in nuce, anche quando la realtà
sociale in cui vivono si chiama tribu', città fortificata, contea,
castello... e tuttavia è il nazionalismo che è emerso nei tempi
moderni, con l'efficacia della parola stampata, la visualizzazione di
una lingua comune, il modo omogeneo delle organizzazioni nell'operare
dal quale derivano l'industria moderna, i mercati, la consapevolezza
delle proprie caratteristiche come nazione.
La “nazione in armi” fu un concetto di grande impatto nella
propaganda nazionalistica dei giacobini. Un altro fu quello della
“nazione della scuola pubblica” che tolse ai genitori la facoltà
di decidere se i loro figli dovessero andare a scuola o meno. Libertà
fraternità uguaglianza trovarono la loro collocazione naturale
nell'uniformità degli eserciti dei cittadini, che erano l'esatta
riproduzione non solo della pagina stampata, ma anche della catena di
montaggio.
L'Inghilterra precedette tutti i paesi europei nella consapevolezza
popolare di una comune nazione. Molto prima della Rivoluzione
Francese, quando i francesi si sentivano ancora bretoni o provenzali,
essi erano già inglesi ed erano schierati con autentico patriottismo
con il loro Re.
Nel 1557 l'ambasciatore veneziano Micheli scrisse una nota per il suo
governo:
“Per quanto riguarda la religione (inglese, off corse N.d'A.)
l'esempio e l'autorità del sovrano sono di massima importanza. Gli
inglesi applicano la religione sono in quanto così facendo essi
compiono il loro dovere di sudditi, l'uniformità religiosa sembra
sovrana ma essa cambia col cambiare del sovrano. Era stata scismatica
sotto Enrico VIII e protestante sotto Enrico VI, e sotto Maria Tudor
divenne cattolica senza particolari summovimenti.... “ per
tornare protestante con Elisabetta I...
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