Spagna e
Italia
Mentre i giacobini davano prova d'aver compreso l'uso della stampa
come livellamento aggressivo e lineare della nazione e mentre gli
inglesila applicavano alla produzione industriale estendendo il
sistema dei prezzi, del commercio al dettaglio e ad ogni sorta di
manuali, gli spagnoli scavalcarono ed ignorarono l'intero sistema
della stampa come forza livellatrice e omogeneizzante di conoscenza
applicata. Scrive Americo Castro nel suo Struttura della storia
spagnola:
“Essi si ribellano contro qualsiasi modello in quanto tale con una
specie di separatismo personale identificabile in qualcosa che sta a
metà tra la passiva accettazione del reale e l'improvviso accendersi
della passione che rivela cos'hanno nell'animo.... la mancanza
sensibilità nei confronti della politica che si manifesta in alcuni
casi con sanguinose insurrezioni che ogni cosa distruggono, la cieca
apatia verso la trasformazioni in ricchezza della nazione, l'uso come
fosse privato della cosa pubblica,....” “
L'effetto piu' spettacolare durante il Rinascimento furono certamente
le campagne militari della Controriforma organizzate dagli spagnoli,
San'Ignazio da Loyola in testa. Il suo ordine religioso, il primo
dall'invenzione della stampa, concretizzo' una forte accentuazione
visiva negli esercizi spirituali, nella preparazione letteraria e
omogeneità nell'organizzazione militare. “I libri aprirono la
strada” al nuovo zelo cattolico militare. Fu questa la funzione
del libro che attiro' gli spagnoli amcor piu' del commercio e
dell'industria. Immunizzati contro la tipografia dalla loro contesa
coi Mori, assimilarono la tecnologia visiva introspettandola con il
mistico, perchè avvertire i libri come una realtà viva, eccitante,
animata è un fenomeno umano che appartiene alla tradizione
orientale.
La stampa in Italia ( e di conseguenza nel resto d'Europa) ebbe
l'effetto di purificare la lingua latina fino a farla scomparire.
Diversa la situazione italiana dal resto d'Europa: impossibile la
nascita del nazionalismo in un territorio diviso in piccoli
staterelli dove ognuno coltivava le proprie origini, volgare e
tradizioni. In seguito alle guerre tra i comuni si ofrmarono tre
macro-regioni sotto l'influenza straniera. Il popolo era suddito e
leggeva poco. Le grandi tipografie come quella del Manuzio a Venezia,
sfornavano copie per un mercato di ricchi e la stampa popolare non
fungeva da collettore nè plasmava il pensiero delle masse.
Per capire il fenomeno basta osservare il Romanticismo in Europa:
nasce in Germania, si sviluppa in Francia e si afferma col romanzo in
Inghilterra. In Italia, escluso pochi veristi, l'unico fenomeno che
si afferma anche in Europa è il Melodramma. Il popolo non legge,
canta.
Cio' che è implicito in questo capitolo è che il linguaggio, nella
sua quotidianità una volta visto evochi il bisogno di una
letteratura in cui ognuno si riconosca nella vita quotidiana. La
stampa, essendo una tecnica di massa, trasformo' le lingue parlate in
un prodotto di massa. Non riuscendo a capire il fenomeno,
l'applicazione della stampa alla diffusione del latino fu un vero e
proprio disastro. Gli sforzi dei grandi umanisti italiani dal
Petrarca al Bembo ebbero l'effetto inatteso di purificare il latino
fino a farlo scomparire perfino dalle scuole.
C.S.Lewis, nel suo Letteratura del XVI secolo scrive:
“Curiosamente è agli umanisti che dobbiamo la concezione di
“periodo classico” del latino. Il periodo della perfezione prima
del quale tutto era immaturo e passato il quale tutto diventa
decadente. Pertanto lo Scaligero ci dice che il latino era rozzo ai
tempi di Plauto e maturo da Terenzio a Virgilio, decadente da
Marziale a Giovenale, senile in Ausonio, alcuni in modo piu' reciso
considerano il declino di tutta la poesia dopo Omero...una volta
accettata questa superstizione, si impose la convinzione che scrivere
bene volesse dire scimmiottare questo o quell'autore del passato.
Ogni reale esigenza della lingua latina di confrontarsi col reale,
con l'attualità sociale del momento, venne preclusa....”
Questo fu il colpo di grazia dei latinisti alla lingua latina.
Aldo
Vincent
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