Memoria e prospettiva
Dobbiamo fare il punto sulla situazione storica del sec. XIV per
poter approfondire fino a che punto era impellente la spinta alla
propensione visiva in questo secolo di cultura fonetica che passa dai
manoscritti alla tecnica della stampa a caratteri mobili.
Abbiamo visto negli atenei la cultura scolastica ed esegetica così
profondamente orali nella loro struttura. Delle cattedrali e della
luce che le penetrava abbiamo visto, un accenno anche alle arti
minori è doveroso: i Tarocchi per esempio, che ricordano le immagini
delle altre arti, la pittura o le vetrate gotiche ma con un
linguaggio rivolto ad un mondo piu' popolare. Le “matte”
illustrano il rapporto tra le potenze e virtu' da un lato e l'uomo
dall'altro, mentre le cattedrali si ergono per cercare un rapporto
direttamente con Dio, ma le immagini che esprimono esse verso l'alto,
i tarocchi piu' terra terra, sono tutte immagini mnemoniche. E' di
questo periodo il lavoro di Raymond Lully Ars Memoria (da
non confondere col piu' noto Ars Memorandi, libro
stampato attorno al 1470) in cui l'autore rese visibili i temi dei
quattro Vangeli. Per ogni autore creo' l'immagine dell'angelo, il
toro, il leone, l'aquila a cui aggiunse emblemi e oggetti che
suggerivano il contenuto dei capitoli trattati. Visualizzando ogni
figura nel suo insieme era possibile riportare alla memoria interi
capitoli del Vangelo. Simili funzioni mnemoniche allegoriche si
trovano pure nella pittura di quel periodo, perchè era un epoca in
cui pochi sapevano leggere e le immagini svolgevano un ruolo di
scrittura.
La memoria è una funzione essenziale di una cultura orale, proprio
come la pronuntiatio della retorica classica. Era una disciplina
indispensabile in un'epoca di scrittura manuale e lo si riscontra
nell'arte della glossa, praticata in abbondanza nei manoscritti
dell'epoca.
La glossa, l'illuminazione, la scultura medievale, erano tutte
tecnniche che inizialmente erano praticate per rinforzare la memoria
ma che “surriscaldandosi” provocarono le spinte verso il visivo
di cui stiamo parlando.
Fin dai primi secoli del cristianesimo tanto il libro quanto la
parola scritta venivano identificati insieme con il messaggio. I
libri venivano considerati come strumenti dotati di un potere
soprannaturale, magico, che potesse tenere distante il demonio e le
sue insidie.
E' questo il periodo in cui gli scolastici sentono la necessità di
rompere i limiti posti dal contesto letterario, la scrittura va letta
alla lettera o l'allegoria? Altre dispute mostravano quanto fosse
impellente l'esigenza della luce non solo sul testo ma attraverso di
esso, perchè per l'intellettuale orale la lettera è inclusiva, cioè
contiene tutti i significati a tutti i livelli.
Come l'elemento letterale finì con l'essere identificato con la luce
che colpisce il testo invece che penetrarlo, così crebbe una
corrispondente accentuazione del “punto di vista” cioè della
posizione fissa del lettore. Fu la stampa ad aumentare l'intensità
visiva della pagina fino al punto di ottenere una completa uniformità
e ripetitività del tutto estranea alla cultura manoscritta, ma fu
anche l'accelerazione dello spazio pittorico unificato della
prospettiva, cioè di un punto di vista fisso che costruiva
un'immagine su di una superficie bidimensionale facendo in modo che
gli oggetti avessero le stesse dimensioni forma e posizione
relativamente fra loro dando la sensazione di una terza dimensione.
Il Masaccio e Van Eyck già da anni rappresentavano l'avanguardia di
questa tecnica, tanto che Leon Battista Alberti scrisse un trattato
sulla prospettiva nel 1435 ben dieci anni prima della stampa, ma fu
la grande massa di libri sull'argomento che rivoluzionarono l'arte
del XVI secolo.
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